Riunioni impagabili, cui spesso partecipano anche frotte di...vigili urbani!
Io mi son divertito come un matto, con lo stesso piacere di quando avevo 18 anni, quando un amico ti invitava a portare la sua nuova ed inarrivabile moto, e tu ci salivi con il cuore che batteva forte e riconoscente, gustandoti ogni attimo di quei pochi minuti passati a snocciolar marce tra accelerazioni e rilasci, tra rombi e risucchi...
Gli è che il generoso Discolo improvvisamente, forse leggendomi nel pensiero ciò che non avrei mai avuto il coraggio di chiedergli, guardandomi con occhio sfavillante ed amico, poi volgendosi verso la sua magnifica belva acquattata su un esile perno, mi ha messo delle chiavi in mano dicendomi con un sorriso: "provala, dai!"
Di solito sono restio ad accettare di provare moto altrui, ancorchè desiderabilissime, per la paura di danneggiarle involontariamente pur nel rispetto addirittura superiore a quello che ho per le mie, ma questa volta sono balzato in piedi prendendogli in fretta quelle chiavi dalle mani, forse per una paura inconfessabile che potesse alfin ripensarci.
Sono salito per la prima volta in vita mia su un'Honda CB 1300, dalla livrea eccitante bianco-rossa e dal cuore ulteriormente potenziato e perfezionato nella prestanza, ben lesto quindi a girar la chiavetta.
Il Discolo non ha avuto soverchie raccomandazioni da farmi, pur memore della mia innata propensione a schiantar frecce altrui alla partenza (si veda l'episodio del Super Bol d'Or di Empirico proprio nel galeotto luogo barense maccaresino), se non quella di dirmi: "attento, questa frena davvero!"
In sella tutto mi è sembrato al suo posto, quello giusto, come se gli ingegneri ed architetti di questa moto me l'avessero disegnata su misura per la mia corporatura, per le mie braccia, per le mie gambe...per la mia testa; il sedere comodamente incassato nella moto, in una concavità fisiologica accogliente ed apparentemente già pronta ad assecondarti e sostenerti anche nelle prove più ardue, i comandi morbidi e tonici al tempo stesso, una sensazione di leggerezza incredibile nel muovere la moto anche con manovre da fermo, mi hanno dato subito quella confidenza che è già un pregio ancor prima di partire.
La prima è entrata con estrema facilità ed un filo di gas è bastato per muoversi verso l'incrocio del baretto di Maccarese.
L'elasticità estrema del motore mi ha portato a mettere la seconda già nei pochi metri da percorrere fino allo stop, quando la scalata in prima mi ha ricordato quanto possa essere morbido e silenzioso un cambio ben fatto.
Ma ecco finalmente la strada davanti a me, libera tra i filari di alberi e di verde vegetazione, pronta ad accogliere cavalli e Kgm di copiosi momenti torcenti (e di asfalto arricciato) da scaricare ad ogni desiderio di polso.
2-3-4-5-6-7-8 mila giri di seconda e di terza... il manubrio che sembrava voler andarsene avanti da solo... i tuoi guanti imbottiti che ci si avvinghiavano per tenere il resto del corpo che, sinceramente, non riusciva più a capire il come di questo esagerato essere proiettato come un missile avanti, come gli occhi ed il cervello rilevavano in quei pochi attimi, od all'indietro come altri sensori di schiacciamento sembravano voler suggerire... la velocità improvvisamente estrema...gli alberi ed i cespugli ormai macchia indistinta sfuggire agli angoli del campo visivo... la strada così lunga che fino a poco prima avevi davanti, che si trasformava ora in un nastro convergente in un orizzonte ristretto, sempre più ristretto... la curva che prima non vedevi e che ora si faceva sempre più vicina, pericolosamente vicina... la tua mano destra che agiva sulla morbida leva ma con la tua abituale decisione... la decelerazione prepotente di sconosciuta portata... il tuo sistema neurologico all'inversione improvvisa dei sensi, la frenata possente, eccessiva sensa volerlo realmente, col solo anteriore... la curva che ti sembrava pericolosamente vicina che tornava lontana, tanto da dover ridare gas, giacchè senza volerlo ed in brevissimo tempo ti eri quasi fermato molto prima del previsto, seguendo i tuoi parametri salvifici di sempre...
Col cuore che mi batteva assai forte, con il respiro che quasi lo seguiva nel ritmo, mi son fermato sulla destra in una viuzza incrociante, scordandomi del conto delle marce in scalata, lasciando la seconda innestata; uno sguardo indietro ed uno in avanti, sempre con la mia solita parsimonia di giri (che non tutti i motori perdonano) assai prossima al regime del minimo, lasciavo la frizione sicuro.
Il conto delle marce successive però non tornava: ero partito in seconda!
Nella marcia più alta, con una moto del genere, puoi quasi far tutto, anche scendere ad andature cittadine, quasi da parata e riprendere con progressione che direi da...scalata con altra pur potente moto!
Il tutto senza una vibrazione, portandola come se l'avessi sempre portata.
Una facilità nel portarla, persino in curva, che definirei disarmante.
Gentile Discolo, non te l'avrei più voluta dare, la tua moto.
Sarei voluto andare con essa volentieri a farmi due orette di Tolfa, prima di riconsegnartela, fresco come una rosa, felice come una pasqua.
Veramente magnifica: GRAZIE, Discolo, del regalo!
Il redivivo Nick, assai più riposato nel viso per evidenti diradamenti dei concerti di tromba, mi proponeva di provare la sua bicilindrica Kawa Er 6.
Anch'essa assai carina, maneggevolissima, facile e divertente, con un motore pepato e frizzante, come un dignitosissimo prosecco millesimato di Valdobbiadene, ma...
dopo aver assaggiato dal Discolo un Charles Heidsieck Brut Vintage annata del 2010, selvatico e gioioso, con profumo intenso di miele di castagno e retrogusto d'albicocca, tabacco e cedro candito, leggero e piacevolissimo, intrigante e sottile, persistente e carezzevole nel rinofaringe...
Non volermene Nick: assai prima andava bevuto il Prosecco, non certo dopo l'appaganza regale di quello Champagne!